Il dramma 10 anni dopo il naufragio
Son già passati 10 anni, da quando la punta di uno scoglio, davanti l’isola del giglio, incise il lato sinistro della nave Costa Concordia, sotto il comando del comandante Francesco Schettino.
L’urto, provocò una falla di oltre 70 metri, con l’inevitabile affondamento della nave.
Quell’incidente, portò alla morte di trentadue persone e a una delle più gravi tragedie del mare.
In questi giorni, c’è un podcast che fa rivivere quei momenti pieni di angoscia, dei superstiti della costa Concordia.
Il podcast
Il podcast in 4 puntate Voci da un naufragio – Il disastro della Costa Concordia, racconta quella notte attraverso le parole di chi era a bordo, cercando disperatamente la via della salvezza.
Nel Podcast, c’è anche la testimonianza dell’uomo di Pomezia Massimiliano Moroni, che a tal proposito ha detto:
«Eravamo nella sala giochi e abbiamo sentito come un terremoto perché la nave ha cominciato a tremare tutta e si è inclinata. Ho detto a mio cugino: c’è qualcosa che non va perché questa è una città galleggiante, come fa a muoversi così? E’ andata via la luce, la gente era nel panico, scappava, sulle scale c’erano giacchetti, scarpe, passeggini. Mia moglie si era attaccata al corrimano della scala e non voleva muoversi, mia figlia le diceva: mamma, andiamo, andiamo…».
Nel Podcast, c’è anche la testimonianza dell’ex sindaco Mario Pellegrini, che ha deciso di soccorrere i naufraghi arrampicandosi sulla biscaggina che Schettino si era rifiutato di risalire, raccontando il tutto disse:
“Era una scaletta di corda appesa nel vuoto. Io l’ho risalita ma non era facile, ci vuole forza e un po’ di coraggio”
Pellegrini era a bordo quando la nave si rovesciò su un fianco. Fu allora che la maggior parte dei passeggeri rimasti a bordo morì, risucchiato dall’acqua che invase la nave, mentre molti altri finirono nel corridoio allagato.
Pellegrini cercò di salvarne il più possibile: «Gettai una corda e tirai su le persone con l’acqua alla gola. Insieme all’ufficiale Simone Canessa abbiamo fatto uscire 5-600. L’ultima, alle 5,30 del mattino, una ragazza con una gamba rotta. Io e Canessa siamo stati gli ultimi a uscire dalla nave. A livello istituzionale nessuno ci ha ringraziato. Come se li avessimo mandati a morire. Ci hanno dimenticati».